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Caratteristiche geometriche di figure complesse con Autocad

Scrivo questo articolo perché penso a tutte le volte che ho pensato a sezioni complesse e alle loro proprietà geometriche: infatti per le figure semplici (cerchio, rettangolo…) la cosa è abbastanza facile (basta consultare un qualunque prontuario), mentre per le figure complesse o si scompone la figura in parti semplici di cui sappiamo la soluzione ed effettuiamo la somma delle proprietà geometriche (somma pesata, teorema di Huygens-Steiner…), oppure ci affidiamo ad un programma per computer.

Il problema è che di programmi per computer che effettuano il calcolo delle proprietà geometriche in genere li ho sempre trovati o a pagamento oppure sviluppati in open-source dentro fogli excel, ma che trovo poco pratici per una generalizzazione totale (es: curve, fori…). Tuttavia, esiste un’altra possibilità: Autocad!
Autocad infatti è in grado di calcolare tutte le proprietà inerziali di una REGION tramite il comando massprop (oppure Tools -> Inquiry -> Region/Mass Properties): basterà infatti selezionare la regione che ci interessa per conoscere tutte le varie proprietà inerziali e di massa.
Sono però necessari alcuni accorgimenti:

  • il baricentro è riferito all’origine degli assi dell’UCS
  • i momenti d’inerzia X ed Y sono riferiti agli assi dell’UCS

Risulta quindi opportuno disegnare la figura convenientemente con gli assi del .dwg, nelle dimensioni che ci interessano per l’output (nella versione 2018 vengono dati anche il baricentro e i momenti d’inerzia rispetto agli assi principali della Region).

COME SI CREA UNA REGION:

Creare una REGION è facile: basta selezionare una polilinea chiusa e fare Draw -> Region (oppure scrivendo direttamente region) e selezionarla.
Ovviamente, è possibile creare delle REGION composte, soprattutto nel caso di fori: affinché si possa ottenere le caratteristiche geometriche in maniera diretta infatti si può utilizzare i comandi per il solid editing, quali UNION, SUBTRACT ed INTERSECT: essi funzionano con le regioni in maniera totalmente analoga ai solidi.

ARMATURA:

Una volta che conosciamo le proprietà della sezione, se essa è omogenea non dobbiamo fare altro, ma ad esempio se è in C.A., dobbiamo armarla: tuttavia trovo sia molto più conveniente non ragionare in termini di armatura su Autocad, ma fare il conto separatamente a mano come masse puntiformi e sommare opportunamente i risultati con quelli della sezione “piena”.


Tale soluzione descritta qua sopra non è ovviamente implementabile in alcun codice di calcolo, ma serve soprattutto a ricavare velocemente i parametri per un calcolo manuale ad esempio di una trave con sezione complessa o composta.

Indagini sul calcestruzzo in opera

Quando si tratta una struttura già realizzata in calcestruzzo, è sempre necessario valutare le caratteristiche di quest’ultimo in opera, ovvero quello che effettivamente svolge la funzione resistente: questo perché, a differenza della fase di progetto dove si fa necessariamente delle ipotesi sulla futura resistenza del calcestruzzo, è possibile conoscere gli effettivi valori delle varie caratteristiche resistenti che la struttura possiede. In realtà dire effettivi è molto azzardato, visto che il calcestruzzo è un materiale con una variabilità delle caratteristiche resistenti estremamente elevata in funzione della posizione a causa della messa in opera, oltreché ai vari disturbi insitamente presenti nelle prove di misura: si può dire quindi che per valori effettivi si intende una stima puntuale più precisa di quella in fase di progetto.

Al fine di ottenere una stima puntuale più precisa, e di poterne estendere la validità alle varie parti della struttura, occorre pertanto conoscere più a fondo le modalità di prova e i fattori che influenzano il valore finale della prova: a tal fine, è possibile trovare un valido riferimento nel documento V.S.C.A. della Regione Toscana, che descrivono approfonditamente le modalità di prova anche con riferimenti tecnici puntuali. Inoltre, recentemente (settembre 2017) sono state pubblicate dalla Prima Sezione del CSLLPP le Linee Guida per la Valutazione delle Caratteristiche del Calcestruzzo in Opera, che forniscono una panoramica sulle metodologie di valutazione.

A tal fine, metto qui l’appendice della mia tesi di laurea riguardante proprio questo aspetto, che però ignora le ultime Linee Guida poiché antecedente a tale data, che approfondisce, riassume ed integra le considerazioni interne al documento VSCA.

 

 

Parametri meccanici delle murature esistenti – Circolare 617/09

Metto qui a disposizione un foglio Excel con cui poter stimare i parametri meccanici delle murature esistenti secondo la classificazione della Circolare al punto C8A.2. In alcuni casi di LC3, per i moduli di elasticità la Circolare lascia libera scelta all’utente in funzione del numero di prove effettuate, mentre negli altri casi no. I valori sono già al netto dei fattori di confidenza, pronti da essere usati nei calcoli. Come al solito, io ho fatto quanto possibile per non avere errori ma ci possono sempre stare, quindi questo come gli altri fogli sono molto utili per avere un raffronto di cose fatte a mano e viceversa, una sorta di doppio controllo per evitare errori grossolani.

Parametri Meccanici murature esistenti – Protetto

La password del foglio è XYZ per evitare modifiche accidentali.

Frequenze e modi propri di una trave – Problemi di Modellazione (1)

Nell’ambito della dinamica delle strutture, è inevitabile parlare di modi di vibrare, frequenze e periodi: tuttavia, quando si affrontano problemi e strutture semplici, come una trave, sia essa a mensola, semplicemente appoggiata o doppiamente incastrata, l’analisi FEM può portare facilmente a risultati poco realistici. In realtà è più corretto, anziché parlare di strutture semplici, di strutture ove complessivamente non è lecito fare l’assunzione/ipotesi che la maggior parte della massa sia concentrata a determinati livelli come gli impalcati di un edificio: in una trave doppiamente incastrata infatti possiamo invece dire che la massa da eccitare è distribuita lungo lo sviluppo della trave, e si può ricercare in questo caso particolare (come altri semplici) uno sviluppo analitico degli infiniti modi di vibrare e associate forme modali, ma se apriamo SAP2000 e disegnamo una trave, e lanciamo l’analisi… non succede nulla! Non calcola nemmeno il Load Case – MODAL. Ma perché?

La risposta è intrinseca nella formulazione del FEM: ragionando per funzioni di forma, i risultati dell’analisi dipendono dagli spostamenti dei nodi degli elementi frame sotto le varie situazioni. Tuttavia, se abbiamo un solo elemento frame incastrato ai due estremi, questi sono fissi e pertanto non viene nemmeno effettuato il calcolo. Ovviamente non è che SAP2000 non riesce a calcolare una trave doppiamente incastrata e sviscerarne gli aspetti, ma bisogna come sempre sapere cosa si fa: la prima cosa che potrebbe venire a mente sarebbe quella di dividere la trave incastrata in due, ed effettivamente adesso il calcolo parte, visto che adesso vi è il nodo di mezzeria non esternamente vincolato. Però… per quanti modi di vibrare avessimo tentato di trovare, ne troviamo solo tre. Questo cozza con la banalità del fatto che una trave, essendo un sistema continuo, possiede infiniti modi di vibrare, e noi ne troviamo solo 3. Quindi, evidentemente, c’è qualcosa che non va: ma ancora una volta non è il programma a sbagliare, ma noi che, introducendo pochissimi nodi esternamente svincolati, possono essere effettivamente calcolati solo 3 modi di vibrare. Inoltre, se confrontiamo la soluzione analitica in termini di periodo con quella trovata dal SAP… beh, è sballata!

A tal proposito, occorre effettivamente fare una modellazione più accurata: all’aumentare della suddivisione interna della trave, infatti, possiamo giungere a risultati sempre più vicini a quelli analitici, e trovare effettivamente un elevato numero di modi di vibrare: eppure la struttura è sempre la stessa, una trave doppiamente incastrata! Suddividerla in un numero sempre maggiore di elementi equivale grossomodo come operazione a “distribuire” la massa sull’elemento stesso, spalmarla, e pertanto ottenere dei risultati dal modello sempre più rappresentativi del reale comportamento della struttura. Ovviamente, lo stesso approccio non avrebbe molto senso in un edificio classico con impalcati in calcestruzzo, infinitamente rigidi nel loro piano: suddividere in molti elementi i pilastri, o ancor più le travi, non porta assolutamente agli stessi benefici in termini di rappresentatività, e pertanto possiamo lasciare i pilastri e le travi come elementi frame singoli riuscendo comunque ad avere un’approssimazione accettabile dei risultati.

Successivamente, potremmo provare a fare una modellazione con elementi brick, più per curiosità che per effettiva utilità: infatti la trave è in genere ben approssimabile ad un elemento monodimensionale, e lo sforzo maggiore di calcolo non trova una ragione (ovvero approssimazioni migliori) nella pratica. Tuttavia, possono occorrere anche qua dei problemi: infatti risulta molto importante la distribuzione spaziale degli elementi. Una distribuzione, ad esempio in sezione, degli elementi con una rigidezza prevalente in una dimensione rispetto all’altra, può portare a risultati anche qua sballati. Risulta perciò migliore una distribuzione senza direzioni privilegiate, al fine di cogliere meglio il comportamento. Un problema simile può avvenire ad esempio con una sezione quadrata e l’utilizzo degli operatori di meshatura DALL e SURF in CAST3M*: se non vi è un controllo su tale meshatura, DALL può creare dei problemi, senza che vi sia possibilità di accorgersene (a meno ovviamente del controllo umano).

Per approfondire, potete sfogliare l’ottimo libro di Rugarli, Analisi modale ragionata, che fa esempi diversi e argomentati direttamente con i numeri anche in caso di elementi shell. Le formule risolutive per una trave doppiamente incastrata e gli altri casi di carico sono mostrate nell’immagine qua sotto, dove \mu è la massa per unità di lunghezza:

vibrazioni_trave.png

Immagine tratta da Structural Dynamics and Vibration in Practice: An Engineering Handbook – D. Thorby – 2008

Questo piccolo esempio/chiacchierata/mini-riflessione serve a ribadire ancora una volta, specie per chi ha pochissima dimestichezza col FEM, che una buona modellazione è fondamentale per ottenere risultati accettabili, ma che buona modellazione non significa riproduzione della geometria effettiva: ed è per questo motivo che credo che i software BIM non troveranno mai un’applicazione diretta in ambito strutturale, poiché anche la modellazione più banale comporta delle scelte che variano in base alla struttura, e devono essere governate da chi effettivamente sta creando il modello. Il BIM pertanto, con tutte le sue pretese di automatismo, se avesse a disposizione dei supercomputer per ogni cosa potrebbe forse trovare un reale approccio strutturale, ma fino ad allora penso che sia uno strumento utilissimo per pianificare, controllare e governare la progettazione architettonica ed impiantistica, e contemporaneamente aiutare la progettazione strutturale solo in termini di riduzione degli errori fra i vari passaggi negli elaborati, consentendo un flusso progettuale più regolare, ma ancora lontano dall’integrazione strutturale diretta.


*: CAST3M è un programma agli elementi finiti estremamente avanzato che funziona esclusivamente per riga di comando, più o meno come Code_Aster, ma con un linguaggio proprietario.

Sul rischio sismico e sulle metodologie di stima dell’azione sismica

Con periodicità di frequenza sempre più ridotta si assiste purtroppo, in Italia, ad eventi sismici di media/alta intensità (ma non elevatissima) correlati ad un danneggiamento più o meno esteso, fino al disastroso. Per capire un po’ più nello specifico il fenomeno, andando oltre le parole e l’evidenza fattuale, metto qui a disposizione un capitolo della mia tesi magistrale che nel suo piccolo tenta di dare, con ovvi limiti e senza pretese di compiutezza, un’organicità all’argomento, analizzando il rischio sismico nelle sue tre componenti (pericolosità, vulnerabilità ed esposizione), fino ad arrivare al Sismabonus (D.M. 07/03/2017 n.65) e le considerazioni conclusive sul rischio sismico in Italia e perché questo risulti elevato malgrado la media sismicità del territorio.

Personalmente, nella stesura di questo lavoro, ho constatato come la stima dell’azione sismica risulti (a parer mio) impostata secondo metodi vecchi di decenni, basandosi in gran parte sulla sismologia storica, ovvero su dati opinabili (nel senso che spesso la base di lavoro era costituita da documenti la cui attendibilità variava in base alla sensibilità di chi stimava il documento) riferiti a patrimoni edilizi spesso solo stimati in quanto a seguito di terremoti catastrofici non rimaneva nulla. Sebbene la base teorica di questi metodi trovo sia valida, e per l’epoca di Cornell sia stata decisamente innovativa e molto più sensata degli altri metodi disponibili, non penso che il campione di partenza della sismologia storica possa risultare così efficace da definire con precisione l’azione sismica così come da NTC’08, ma che possa essere invece un’ottimo strumento per guidare ed elaborare modelli geofisici del sottosuolo atti alla stima dei terremoti, su basi oggettive e non soggettive. In tal senso, trovo che il metodo NDSHA (neodeterministico) sia più corretto del PSHA (probabilistico), e che possa trovare una sua ragione all’interno di una norma prestazionale come le NTC, sebbene il metodo probabilistico si inserisca molto più facilmente nell’impostazione degli stati limite: è forse in questo passaggio che non si è ancora concretizzata l’adozione piena di tale metodo per la stima dell’azione sismica, ma a fronte del rischio sismico che investe l’Italia trovo che una migliore stima di tale azione possa tradursi in un minore rischio, non nell’immediato, ma per indirizzare i futuri interventi su tutto il patrimonio esistente, cui prima o poi l’Italia dovrà far fronte, volente o nolente. Chiaramente è solo una parte del problema più ampio del rischio sismico, ma penso sia quella su cui è più facile intervenire, in quanto una vera politica di riduzione del rischio sismico si basa più di tutto su un elemento, ovvero il denaro investito che, come noto, è un elemento difficile da trovare, anche se il recente Sismabonus si è sicuramente mosso in una direzione molto positiva in tal senso, costituendo un ottimo ed importante passo.

File Excel per disegnare sezioni in c.a. (rettangolari o a T)

Metto qui a disposizione un file excel sviluppato per disegnare sezioni in calcestruzzo rettangolari o a T: risulta particolarmente utile se devono essere disegnate molte sezioni, come ad esempio durante un rilievo. Ho preso le macro di Afazio (http://bar-ingegneria.forumfree.it/m/?t=69347956) e le ho semplicemente messe in relazione agli input per una sezione. Spero possa essere utile, anche se lontano dall’essere perfetto. Inoltre, funziona solo con excel a 32 bit per via delle macro, che devono essere attivate.

Per scaricare il file purtroppo bisogna cliccare sul link e poi a destra cercare il pulsantino per il download, questo perché il file possiede delle macro e WordPress non mi permette di allegarlo direttamente come gli altri. 

Disegna_Sezioni_Cls

L’Acquedotto Mediceo di Asciano – Il caso di studio della Fontina di Pratale

“La città di Pisa ha sempre avuto un rapporto particolare con l’acqua: il suo destino ed il suo aspetto sono sempre stati legati come un doppio filo a questa caratteristica del territorio, declinata in varie forme come sbocco sul mare, come laguna, come pianura, come padule. Non è pertanto possibile scindere un’opera idrica da un’altra, storiograficamente parlando, perché sarebbe una visione troppo parziale e troppo tecnica di un singolo aspetto, quando appare evidente una natura sociale e politica di ogni intervento idrico, posta sempre in essere da uno degli organi più potenti ed antichi di Pisa, l’Ufficio dei Fiumi e Fossi. Si intende perciò, per parlare di una singola opera come l’Acquedotto Mediceo, cercare di dare prima un quadro generale da un punto di vista storico, per poi addentrarsi sempre più nel passato, nelle tecniche costruttive e nelle problematiche storiche fino ad elaborare delle proposte di intervento specifiche sull’Acquedotto stesso per alcune arcate in corrispondenza della via di Pratale. Tale lavoro quindi si è necessariamente focalizzato più sul tracciato su arcate che su altre strutture ugualmente o più interessanti e pregevoli da un punto di vista tecnico-architettonico, come si possono riscontrare nella parte di monte, nelle opere di presa e di distribuzione urbana: tuttavia, il tracciato su archi risulta la parte più riconoscibile, il maggior segno architettonico che l’acquedotto ha tracciato nel territorio pisano, e pertanto trova in tale contesto il suo più grande significato.”

 

ELABORATI PROGETTUALI:

 

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Questo piccolo contributo, sviluppato in ambito universitario, si inserisce nel rinnovato interesse della città di Pisa verso uno dei suoi monumenti che sicuramente fanno meno rumore (oggi) da un punto di vista turistico, ma a cui evidentemente le persone si sentono in qualche modo legate, facendo da cordone ombelicale fra la città, la campagna ed i monti, inserendosi in un contesto paesaggistico molto bello quale quello della piana pisana. La sua disponibilità online è fatta in quest’ottica di attenzione, cura e diffusione del materiale storico, al fine di catalizzare l’interesse di più persone. L’acquedotto mediceo è oggetto d’interesse oltre per il Comune di Pisa, anche per il Comitato cittadino “Salviamo l’acquedotto mediceo”, mentre l’opera più completa e recente scritta su tale argomento è senza dubbio il libro dell’architetto Massimo Gasperini “Il principe, la città, l’acqua” edito da ETS (il libro inoltre ha anche il grande pregio di avere immagini di qualità molto elevata, specie per quanto riguarda la documentazione storica) il cui autore principale si interessa attivamente da anni all’acquedotto e alle sue condizioni, proponendo anche progetti per il suo effettivo riutilizzo in forme diverse da quelle originarie.

Infine, si riporta un documento fondamentale del secolo scorso, che probabilmente ha riacceso l’attenzione sull’acquedotto: si tratta delle pagine scritte da Orella Giannessi, nel ’67. Queste pagine, sebbene costituiscano un volumetto pubblicato dal Comune di Pisa, è stato messo online in quanto si pensa che non sia coperto da diritto d’autore. Se così fosse, una segnalazione è gradita.

Andrea Albero – Edoardo Banchieri – Luca Luperini

L’equazione dei 3 momenti in Excel

In questo articolo esporrò una variazione alla “classica” forma della nota equazione dei 3 momenti formulata da Clapeyron, che, come sappiamo, in una trave continua su più appoggi rigidi e con E, J = cost è (una delle possibili scritture):

\dfrac{1}{24}\Big( q_{n-1}L_{n-1}^{3} + q_{n}L_{n}^{3} \Big)=\dfrac{1}{6}\Big( L_{n-1}M_{n-1} + L_{n}M_{n+1} \Big)+\dfrac{1}{3}\Big( L_{n-1} + L_{n}\Big)M_{n}

blabla

Non espongo la dimostrazione (che si basa sul principio di sovrapposizione degli effetti), in quanto esistono numerosissime risorse in rete che trattano l’argomento, pertanto reputo inutile riproporlo; al massimo, posso segnalarvi un’esposizione chiara qui.

Implementando però questa equazione su Excel con l’intenzione di creare un foglio “generale”, cioè che risulta valido per un numero generico di campate, mi sono trovato in difficoltà: infatti, scrivendo il foglio Excel, se non conosco a priori il numero delle campate, l’equazione implementata in questa forma non funziona, e risulta necessario creare un nuovo foglio per ogni casistica, in quanto conoscendo le condizioni al contorno (condizioni all’inizio e alla fine della travata e numero di campate) posso impostare il problema. Inoltre, volevo evitare di scrivere macro in Excel, in quanto avrebbe comportato il dover imparare VBA per Excel, cosa che ho intenzione di fare in futuro quando avrò più tempo, ma non ora.

Ho tentato quindi di scrivere la sopracitata equazione in maniera “più digeribile” e più facilmente implementabile in un foglio di calcolo, che fosse indipendente dal numero di campate. Ho identificato gli n appoggi con lettere progressive, mentre i vari tratti della trave continua con numeri progressivi. Questo per mettere in risalto la numerazione differente degli appoggi da quella dei carichi e delle lunghezze; chiaramente, per fare qualche esempio, M_{A}=M_{1}, M_{B}=M_{2},etc. . È importante affinché quanto di seguito abbia significato generale che la numerazione non cambi, in quanto alla fine quando propongo la formulazione generale in i si deve aver capito tale sistema.

Si può notare intanto che sul primo appoggio A conosciamo sempre il valore del momento, che vi sia o meno uno sbalzo (infatti, se lo sbalzo è assente, basterà impostare che L_{1}=0, ottenendo così un risultato corretto e contemporaneamente non far “scorrere” la numerazione impostata):

M_{A} = \dfrac{q_{1}L_{1}^2}{2}

Successivamente, il secondo appoggio B, con opportuni e semplici passaggi matematici, possiamo arrivare a:

M_{B}=\dfrac{1}{L_{2}+L_{3}}\Bigg(\dfrac{q_{2}L_{2}^{3}}{8}+\dfrac{q_{3}L_{3}^{3}}{8}-\dfrac{M_{A}L_{2}}{2}-\dfrac{M_{C}L_{3}}{2}\Bigg)

Isoliamo quindi il termine relativo al momento in C:

M_{B}=\dfrac{1}{L_{2}+L_{3}}\Bigg(\dfrac{q_{2}L_{2}^{3}}{8}+\dfrac{q_{3}L_{3}^{3}}{8}-\dfrac{M_{A}L_{2}}{2}\Bigg)-\dfrac{L_{3}}{2 (L_{2}+L_{3})}M_{C}

e semplifichiamo il tutto introducendo il nuovo coefficiente

M_{B}^{*}=\dfrac{1}{L_{2}+L_{3}}\Bigg(\dfrac{q_{2}L_{2}^{3}}{8}+\dfrac{q_{3}L_{3}^{3}}{8}-\dfrac{M_{A}L_{2}}{2} \Bigg)

E quindi il momento in B è

M_{B}=M_{B}^{*}-\dfrac{L_{3}}{2 (L_{2}+L_{3})}M_{C}

Adesso possiamo ripetere passaggi simili per l’appoggio C, ottenendo:

M_{C}=\dfrac{1}{L_{3}+L_{4}}\Bigg(\dfrac{q_{3}L_{3}^{3}}{8}+\dfrac{q_{4}L_{4}^{3}}{8}-\dfrac{L_{3}}{2}\Bigg(M_{B}^{*}-\dfrac{L_{3}}{2 (L_{2}+L_{3})}M_{C}\Bigg)-\dfrac{L_{4}M_{D}}{2}\Bigg)=\dfrac{1}{L_{3}+L_{4}}\Bigg(\dfrac{q_{3}L_{3}^{3}}{8}+\dfrac{q_{4}L_{4}^{3}}{8}-\dfrac{L_{3}}{2}M_{B}^{*}-\dfrac{L_{4}M_{D}}{2}\Bigg)+\dfrac{1}{L_{3}+L_{4}}\cdot\dfrac{L_{3}^{2}}{4 (L_{2}+L_{3})}M_{C}

Introduciamo altri due coefficienti

\alpha_{0} = 1

\alpha_{1} = \dfrac{1}{\Big(1-\frac{L_{3}^{2} \cdot \alpha_{0}}{(L_{3}+L_{4}) \cdot 4 (L_{2} + L_{3})}\Big)}

Portando a sinistra tutti i termini per il momento in C e dividendo ambo i membri, si ottiene

M_{C} = \dfrac{\alpha_{1}}{L_{3} + L_{4}} \Bigg( \dfrac{q_{3}L_{3}^{3}}{8} + \dfrac{q_{4}L_{4}^{3}}{8} -\dfrac{L_{3}}{2} M_{B}^{*}\Bigg)-\dfrac{\alpha_{1}}{L_{3} + L_{4}}\dfrac{L_{4}M_{D}}{2}

Come sopra, creiamo un coefficiente fittizio per il momento in C

M_{C}^{*}=\alpha_{1}\cdot\dfrac{1}{L_{3}+L_{4}}\Bigg(\dfrac{q_{3}L_{3}^{3}}{8}+\dfrac{q_{4}L_{4}^{3}}{8}-\dfrac{L_{3}}{2} M_{B}^{*}\Bigg)

E quindi

M_{C} = M_{C}^{*}-\dfrac{\alpha_{1}}{L_{3}+L_{4}}\dfrac{L_{4}M_{D}}{2}

Procedendo per gli appoggi successivi a C, si nota una sorta di ricorsività nella formula, sempre semplificabile nella forma cui sopra; quindi possiamo scrivere, per gli i appoggi successivi a C

Per \begin{cases} i \geq 3 \\ i < n \end{cases}

M_{i} = \dfrac{\alpha_{i-2}}{L_{i} + L_{i+1}} \Bigg( \dfrac{q_{i}L_{i}^{3}}{8} + \dfrac{q_{i+1}L_{i+1}^{3}}{8} -\dfrac{L_{i}}{2} M_{i-1}^{*}\Bigg)-\dfrac{\alpha_{i-2}}{L_{i} + L_{i+1}}\dfrac{L_{i+1}M_{i+1}}{2}

M_{i}^{*}=\alpha_{i-2}\cdot\dfrac{1}{L_{i}+L_{i+1}}\Bigg(\dfrac{q_{i}L_{i}^{3}}{8}+\dfrac{q_{i+1}L_{i+1}^{3}}{8}-\dfrac{L_{i}}{2} M_{i-1}^{*}\Bigg)

\begin{cases} \alpha_{0}=1\\\alpha_{i-2}=\dfrac{1}{\Big(1-\frac{L_{i}^{2} \cdot \alpha_{i-3}}{(L_{i}+L_{i+1}) \cdot 4 (L_{i} + L_{i-1})}\Big)} \end{cases}

Questa struttura dell’equazione dei tre momenti è facilmente implementabile, in quanto è necessario solamente definire cosa succede nei primi due appoggi e l’ultimo affinché la travata sia risolta.

M_{A} = \dfrac{q_{1}L_{1}^2}{2}

M_{B}=M_{B}^{*}-\dfrac{L_{3}}{2 (L_{2}+L_{3})}M_{C}

M_{B}^{*}=\dfrac{1}{L_{2}+L_{3}}\Bigg(\dfrac{q_{2}L_{2}^{3}}{8}+\dfrac{q_{3}L_{3}^{3}}{8}-\dfrac{M_{A}L_{2}}{2} \Bigg)

M_{n} = \dfrac{q_{n+1}L_{n+1}}{2}

Il problema è così definito per tutti gli appoggi, a prescindere dal loro numero.

Come prevedibile poi, ho implementato quanto sopra in un foglio Excel:

Trave continua 1.00

Ovviamente questo cui sopra è solamente un esempio, e potete costruirvi un foglio Excel sulla sua falsariga ben più complesso, con grafici e quant’altro.


[1]: L’equazione di Clapeyron è valida anche in travi continue eterogenee ed a sezione variabile, ma ovviamente la formula è diversa. Nel PDF segnalato vi sono tutti i passaggi anche per questo caso.

Meccanismi di Collasso di un Arco

Gli archi sono  una soluzione architettonica e statica ricorrente specie nelle architetture del passato: pertanto, per studiare in maniera adeguata un manufatto di tale specie, occorre anche avere la conoscenza storica delle tecniche di progettazione e dimensionamento del passato, utili anche a comprendere (specie nelle sue più recenti evoluzioni) il comportamento di un arco “a conci” (sempre desumibile dall’arco iniziale in base ad un’opportuna suddivisione) da un punto di vista statico, e poterlo pertanto analizzare anche manualmente. Ho effettuato tale trattazione rispetto ad una relazione di studio dell’Acquedotto mediceo di Asciano, cioè una struttura su arcate in muratura con prevalente sviluppo longitudinale, e pertanto sono coinvolti anche meccanismi di collasso fuori piano, che però non verranno esposti in tale articolo in quanto esulano dal suo scopo.

Ipotesi di base semplificative per il materiale composito muratura[1]:

  • Presenta una resistenza a trazione trascurabile
  • La muratura, per carichi non elevati risulta infinitamente resistente a compressione
  • Si trascurano fenomeni di scorrimento fra i conci

Sotto tali ipotesi, sono state sviluppate storicamente numerose “regole” e meccanismi empirici per lo studio degli archi, ed in particolare, si ricordano[2]:

  • Regola di Leonardo da Vinci: “l’arco non si romperà se la corda dell’archi di fori non toccherà l’arco di dentro”A

– Regola geometrica di Leonardo da Vinci, da (Del Punta A.A. 2012-2013), p. 115

  • Regola di Padre Deran: consiste nel suddividere l’intradosso dell’arco fino ai piedritti con 3 corde di uguale lunghezza, e su tale costruzione geometrica stimare lo spessore del piedrittoB

– Regola geometrica di Padre Deran, da (Boscotrecase L. 2006), p. 239

Tali regole benché prive di qualunque fondamento scientifico, risultano conservative per la resistenza degli archi. Inoltre, probabilmente erano i metodi più conosciuti al tempo di costruzione dell’acquedotto (perlomeno, quella di Leonardo da Vinci per ovvi motivi cronologici, mentre la regola di Padre Deran a quanto risulta dal Dictionnaire raisonné de l’Architecture di Viollet-Le-Duc era di comune uso in tutto il XVI secolo, facendola risalire ai costruttori gotici[3]), quindi possono illustrare i criteri guida nella costruzione dell’acquedotto.

I meccanismi di collasso sono stati studiati in maniera più scientifica solamente dal XVIII secolo in poi, di cui si ricordano soprattutto:

  • Rottura per scivolamento (De La Hire e De Belidor): in tale meccanismo la calotta superiore scivola, determinando un collasso con 3 corpi rigidi (individuati a 45° dal centro dell’arco) con rotazione dei piedritti:CD

– Rottura dell’arco per scivolamento, da (Boscotrecase L. 2006), pp. 239-240

  • Rottura per flessione (Mascheroni): tale meccanismo è forse il più comune nella rottura per archi, e comporta la formazione di tre cerniere con fessurazioni alternate fra intradosso ed estradosso e quindi un meccanismo a 4 corpi rigidi, individuati dalla chiave dell’arco e dalle reni a 30° rispetto al centro dell’arco:

EF

– Rottura per flessione dell’arco, da (Boscotrecase L. 2006), pp. 240-241

In teoria, il meccanismo di collasso più frequente viste le assunzioni, dovrebbe essere la rottura per scivolamento, ma tale ipotesi è affetta dall’ipotesi di attrito nullo: ciò ovviamente non risulta vero, pertanto nel meccanismo di De La Hire vi è una forza “raddrizzante” di F, che fa sì che il meccanismo di rottura più comune sia proprio quello di Mascheroni[4].

Il problema dell’arco si è considerato risolto dopo gli studi di Navier e Méry: in particolare, si tratta di rendere l’arco isostatico imponendo delle cerniere plastiche nelle zone maggiormente sollecitate a flessione (quindi, secondo il modello di Mascheroni, in chiave e alle reni dell’arco); una volta effettuato, si prende in considerazione solo la parte fra le reni dell’arco, e per un discorso di simmetria si studia solamente metà di questo arco. A questo punto si suddivide la parte in oggetto in 6-10 conci e si procede in questo modo:

  • Calcolo per ogni concio la risultante verticale, derivante dal peso proprio del concio e i carichi verticali sovrastanti
  • Si costruisce il poligono funicolare e si calcola la risultante R e la sua retta d’applicazione
  • Si impone una situazione ideale dove la risultante H in chiave passi per il terzo medio superiore e la risultante S passi per il terzo medio inferiore alle reni.
  • Si impone che le rette d’azione di H ed S si intersechino in un punto O, appartenente alla retta d’azione di R
  • Dal poligono funicolare, conoscendo H ed S, si costruisce la curva delle pressioni
  • Si riporta la curva delle pressioni sull’arco in oggetto: se tale curva è sempre contenuta entro il terzo medio di tutti i conci, l’arco è stabile

Il metodo di Méry comunque, per quanto valido, presenta il limite di potersi applicare esclusivamente ad archi a tutto sesto; tuttavia, è il primo metodo (grafico) che consente di conoscere in ogni concio le tensioni effettive, ed eventualmente applicare la teoria dei solidi non reagenti a trazione per il calcolo a rottura del singolo concio.

méry

– Il metodo di Méry

Recentemente (1982[5]), è stato proposto dal prof. Jacques Heyman un ulteriore criterio grafico di stabilità degli archi, che non è soggetto alle limitazioni di Méry e che sfrutta la plasticità; infatti si considera che la stabilità di un arco sia sempre compresa fra questi due schemi limite[6]:

G

– Schemi limite di collasso di un arco con la curva delle pressioni, da (Heyman, The Stone Skeleton 1995), p. 17.

Tale criterio si può enunciare in tale maniera: “Se esiste una linea delle pressioni per l’arco completo che sia in equilibrio con i carichi applicati, incluso il peso proprio, e che risulti ovunque interna allo spessore dell’arco in ogni punto e in corrispondenza di ogni sezione, allora l’arco può considerarsi in condizioni di sicurezza”. Come si può vedere, la somiglianza con il criterio di Leonardo da Vinci, perlomeno da un punto di vista intuitivo, è notevole ed indice del genio fiorentino, che sprovvisto della cultura scientifica moderna enunciò un principio quanto più simile possibile a quello di Heyman per l’epoca in cui visse.

A fronte di ciò, giova anche ragionare su come è possibile modificare la curva delle pressioni e quindi la resistenza di un arco: in generale infatti non è possibile modificare eccessivamente la geometria degli archi esistenti, pertanto sempre in generale l’intervento più facile su un arco esistente consiste nel risanamento della muratura e della sezione originale dell’arco, anche con addizioni, al fine di aumentare la sezione dell’arco. Altri interventi possibili (cioè che non comportano delle perturbazioni estreme dell’esistente) sono la modifica dei carichi agenti sull’arco: diminuendo o aumentando i carichi infatti la curva delle pressioni cambia la sua posizione, a favore o a sfavore a seconda della calibrazione dei carichi. Possono anche essere introdotti dei “carichi ricentranti”, cioè con funzione di dare alla curva delle pressioni un percorso più favorevole: è di tale tipologia l’intervento dell’arco armato[7], cioè l’inserimento di cavi posti in trazione, opportunamente ancorati all’arco o all’estradosso (anche in semplice appoggio) o all’intradosso (in questo caso l’uso di tasselli post-inseriti diventa essenziale), e questi possono scaricare o alla base dell’arco o alla base dei piedritti. Tale intervento risulta particolarmente efficace per il meccanismo di rottura a flessione, nonché particolarmente adatto ad eventuali interventi di ricentramento sull’acquedotto Mediceo, unitamente al ripristino della sezione muraria, mentre appare impossibile perseguire la strada della modifica dei carichi, in quanto costituiti attualmente quasi interamente dal peso proprio. Ancora, altri interventi più invasivi come quelli già effettuati in molte arcate nella parte vicina al monte, quali tamponature piene sarebbero (salvo casi di pericolo imminente) possibilmente da evitare se non supportate da adeguati studi, primo fra tutto quello del terreno e della fondazione, sia in relazione al carattere architettonico dell’opera (gli esempi esistenti hanno dato prova di un rispetto pressoché nullo di tale valore, ma piuttosto hanno messo in luce che la provvisoria messa in sicurezza può diventare definitiva) sia in relazione al fatto che tali interventi possono addirittura peggiorare la situazione, favorendo invece con la loro massa e la loro eventuale rotazione fuori piano un altro meccanismo di collasso degli archi proprio delle strutture come gli acquedotti su arcate, e cioè il collasso fuori piano a causa dei cedimenti. Inoltre, sempre relativamente ai cedimenti, è possibile che un peso maggiore su un’area di terreno di bassa resistenza può condizionare e favorire i cedimenti di un’area più vasta, comprendente anche dei piedritti. Un ultimo effetto negativo che si verifica in particolare nei tamponamenti degli archi pieni, è quello di aumentare l’area direttamente investita dal vento, favorendo anche qui il ribaltamento fuori piano; questo effetto si accentua notevolmente in caso di fuoripiombo pre-esistenti all’inserimento della tamponatura, determinando una sezione reagente al momento ribaltante veramente esigua[8]. In caso di sisma, la situazione diventa evidentemente ancora più pericolosa.

Segnalo inoltre che sul sito del prof. Gelfi è presente un programma (Arco.zip) che consente il calcolo della curva delle pressioni una volta definita la geometria ed i carichi gravanti sull’arco, opportunamente diviso in conci, con il metodo di Méry.

Per l’analisi degli altri meccanismi di collasso che possono caratterizzare l’acquedotto mediceo e le strutture ad esso assimilabili, si rimanda (oltre alla già citata Del Punta, A. A. 2012-2013) soprattutto a Croce P., Holicky M., et al. Operational methods for the assessment and management of aging infrastructures, Pisa: Tipografia Editrice Pisana, 2015 (liberamente scaricabile al link, afferente al Progetto Leonardo a livello europeo), dove vengono descritte in dettaglio nel Cap. 9 e nell’Annex F. le analisi effettuate sull’acquedotto. Degli estratti di tale capitolo sono stati pubblicati sulla rivista GALILEO (ISSN:1827-7764) edita dalla (non più esistente) Felici Editore, in un ciclo di tre articoli (2014-n° 3, 2015 n° 1 e 2) dove si vede che tale studio è frutto di una collaborazione fra Croce P., Beconcini M.L., Muzzi M. e Rosso E.

 

AGGIORNAMENTO: ho pubblicato integralmente il lavoro svolto sull’Acquedotto Mediceo di Asciano, da cui è tratto quanto sopra. Questo è il link.


Bibliografia essenziale:

[1] Cfr. Heyman, J. The Stone Skeleton. Cambridge: Cambridge University Press, 1995, p. 14. Dovranno poi esser verificate a posteriori (ad esempio, in caso di collasso per scivolamento, la terza ipotesi non è verificata).

[2] Cfr. Boscotrecase L., Piccarreta F. Edifici in muratura in zona sismica. Palermo: Dario Flaccovio, 2006, pp. 237-241, e Del Punta, A. «Indagine storico-costruttiva e tecniche di consolidamento dell’Acquedotto Mediceo di Pisa.» Tesi di Laurea. Università di Pisa: C.d.LS in Ingegneria Edile, A.A. 2012-2013,  pp. 115-117

[3] Cfr. (Boscotrecase L. 2006), p. 239.

[4] Cfr. (Boscotrecase L. 2006), p. 241

[5] Cfr. Heyman, J. The Masonry Arch. New York: John Wiley & Sons, 1982.

[6] Cfr. (Heyman, The Stone Skeleton 1995), p. 17.

[7] Cfr. Jurina, L. «L’arco armato nel consolidamento di archi e volte in muratura.» Recupero e Conservazione (n° 33), 2000: 54-61.

[8] Cfr. (Del Punta A.A. 2012-2013), pp. 134-135.

La Toscana e la cartografia storica, i catasti storici, gli archivi, le banche dati e le risorse online storiche ed attuali

Questo post vuole essere una raccolta di risorse ed eventuali guide e/o inventari d’archivio per ricerche storiche, che sono sicuramente di grandissimo aiuto a chiunque intenda studiare la storia della Toscana, soprattutto nei suoi aspetti territoriali, architettonici, urbanistici ed edilizi. Nell’articolo ho inserito anche dei riferimenti a portali di carattere nazionale ma di grande valore, e lo aggiornerò di tanto in tanto.

 

RISORSE STORICHE:

Inventario dell’Ufficio Fiumi e Fossi di Pisa : una guida per barcamenarsi nell’A.S.P., estremamente utile anche per sapere dove cercare in base all’epoca di interesse.

Archivitoscana.it : un portale che aiuta a comprendere e ricercare le strutture archivistiche e le relative risorse.

Repetti – Dizionario storico-geografico della Toscana, ricerca nel database : questo progetto dell’Unisi, oltre a mettere online il testo OCR del famoso Dizionario, permette la ricerca anche per toponimi, abbinando quindi uno schema cartografico di localizzazione geografica con tutte le notizie ad esso inerenti contenute nell’opera del Repetti.

CASTORE – CAtasti STOrici REgionali della Toscana: ambizioso e perfettamente riuscito progetto della Regione Toscana dove sono stati riuniti i fogli dei catasti storici regionali presi da numerosi fondi, così da creare una cartografia storica continua. È possibile selezionare l’epoca. Inoltre, è presente l’interessantissima funzione “macchina del tempo” che permette di visionare le fotografie aeree di una determinata area, in vari anni (ad esempio: 1954-1978-1988-1996-2007-2010-2013).

IGM Ancient :  è il sito dell’archivio cartografico storico digitalizzato dell’Istituto Geografico Miliatare Italiano. Contiene numerosissime mappe e cartografie antiche.

Cartografia Storica della Toscana: il sito toscanatirrenica.it  mette a disposizione una ricca raccolta di disegni e cartografie storiche della Toscana, scansionate dai relativi Archivi e Fondi. Sono presenti anche interessantissime note e descrizioni delle relative mappe, che possono arricchire la ricerca.

ASICT – Atlante Storico-Iconografico delle Città Toscane: il portale ASICT dell’Unipi contiene un grande archivio di scansioni a colori di piante, carte e disegni riguardanti le città toscane. È presente anche qua una ricca descrizione di ogni documento.

ImagoTusciae : questo portale realizzato dalla Regione Toscana mette a disposizione numerose cartografie storiche della Toscana dall’A.S.P., A.S.F. ed altri fondi. Molto ricco e dettagliato, anch’esso presenta note e descrizioni indispensabili.

Territori : un altro eccellente portale di cartografia storica come i precedenti, ma a livello nazionale. È realizzato dal Ministero dei Beni Culturali, ed attualmente è un work-in-progress, attualmente è presente solo la documentazione relativa agli Archivi di Stato di Genova, La Spezia, Milano, Trieste e Venezia.

BNCF : banca dati contenente le digitalizzazioni di numerose cartografie storiche conservate nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, con (attualmente) 892 mappe del Fondo Palatino e 250 carte manoscritte varie del XV-XVII e XVIII secolo.

Biblioteca Marciana : è il sito della Biblioteca Marciana di Venezia con il suo patrimonio cartografico digitalizzato.

AST : questo progetto, realizzato dalla SNS, si propone per la digitalizzazione degli archivi storici toscani.

Catasto Leopoldino Livornese : il SIT (Sistema Informativo Territoriale) mette a disposizione una riunione di fogli del Catasto Leopoldino del territorio livornese.

Catasti Livornesi storici ED attuali georefenziati : il portale ORIENTAPASSI mette a disposizione una raccolta georeferenziata dei catasti storici livornesi, permettendo la sovrapposizione con numerose fonti anche attuali di mappatura. I pulsanti sulla destra “+” permettono di scegliere le varie opzioni.

MAPPAproject : il portale MAPPAproject.it (Metodologie Applicate alla Predittività del Potenziale Archeologico) mette a disposizione numerose risorse e pubblicazioni per la ricostruzione del territorio (in particolare pisano) dal punto di vista storiografico, in funzione sia della predittività archeologica sia dell’eventuale studio dell’area.

Atlante Zuccagni-Orlandini : si possono rinvenire numerose vedute di moltissimi luoghi italiani, fra cui anche della Toscana.

Grandtour BNCF : portale della BNCF di Firenze dedicato agli itinerari di viaggio soprattutto Ottocenteschi, ma anche di altre epoche. Contiene numerose risorse, scansioni ed immagini dei vari testi con interessanti opzioni di ricerca geografica.

RISORSE MODERNE:

Archivio storico della Direzione Urbanistica di Pisa : sono presenti i P.R.G. Pera-Clemente (’57) e Dodi-Piccinato (’65) di Pisa, una ricostruzione dell’evoluzione dell’edificato del centro storico dal 1834 al 1996 e altri documenti storici riguardanti Pisa.

L’architettura in Toscana dal 1945 ad oggi : il portale architetturatoscana.it mette a disposizione un’ottima banca dati non propriamente di cartografia storica, ma una sorta di inventario geografico delle architetture più rilevanti in Toscana realizzate dal 1945 ad oggi, con una buona descrizione per ogni opera, con bibliografia annessa.

IGM Voli : in questa sezione il portale IGM consente di visionare a bassa risoluzione (88 dpi) le varie aerofoto effettuate dal 1942 ad oggi. Per eventuali ingrandimenti o risoluzioni migliori, bisogna contattare l’IGM ed ottenerli a pagamento.

Arkinforma : interessantissimo blog a cura del Sistema Bibliotecario di Architettura di Firenze, dove vengono via via presentate numerosissime e interessanti risorse relative al Dipartimento afferente, per ricerche ed informazioni.

SBA – Risorse Web Free : pagina dell’Università di Pisa piena di link interessanti (cataloghi online, banche dati, archivi, etc etc…) cui riferirsi per fare ricerche di qualunque tipo, non solo prettamente storiche ma anche scientifiche.

SIT Pisa : il Sistema Informativo Territoriale di Pisa mette a disposizione i dati cartografici ed informativi più recenti riguardo alla Provincia di Pisa.

SITA – Regione Toscana : consente di consultare la C.T.R. in maniera interattiva.

Sira-ARPAT : questo portale dell’ARPAT consente di effettuare ricerche dirette sull’idrografia toscana attuale.

GeoPortale Nazionale : questo portale consente di accedere ad informazioni geologiche riguardanti l’intera Italia.