Archivi tag: Muratura

Parametri meccanici delle murature esistenti – Circolare 617/09

Metto qui a disposizione un foglio Excel con cui poter stimare i parametri meccanici delle murature esistenti secondo la classificazione della Circolare al punto C8A.2. In alcuni casi di LC3, per i moduli di elasticità la Circolare lascia libera scelta all’utente in funzione del numero di prove effettuate, mentre negli altri casi no. I valori sono già al netto dei fattori di confidenza, pronti da essere usati nei calcoli. Come al solito, io ho fatto quanto possibile per non avere errori ma ci possono sempre stare, quindi questo come gli altri fogli sono molto utili per avere un raffronto di cose fatte a mano e viceversa, una sorta di doppio controllo per evitare errori grossolani.

Parametri Meccanici murature esistenti – Protetto

La password del foglio è XYZ per evitare modifiche accidentali.

Meccanismi di Collasso di un Arco

Gli archi sono  una soluzione architettonica e statica ricorrente specie nelle architetture del passato: pertanto, per studiare in maniera adeguata un manufatto di tale specie, occorre anche avere la conoscenza storica delle tecniche di progettazione e dimensionamento del passato, utili anche a comprendere (specie nelle sue più recenti evoluzioni) il comportamento di un arco “a conci” (sempre desumibile dall’arco iniziale in base ad un’opportuna suddivisione) da un punto di vista statico, e poterlo pertanto analizzare anche manualmente. Ho effettuato tale trattazione rispetto ad una relazione di studio dell’Acquedotto mediceo di Asciano, cioè una struttura su arcate in muratura con prevalente sviluppo longitudinale, e pertanto sono coinvolti anche meccanismi di collasso fuori piano, che però non verranno esposti in tale articolo in quanto esulano dal suo scopo.

Ipotesi di base semplificative per il materiale composito muratura[1]:

  • Presenta una resistenza a trazione trascurabile
  • La muratura, per carichi non elevati risulta infinitamente resistente a compressione
  • Si trascurano fenomeni di scorrimento fra i conci

Sotto tali ipotesi, sono state sviluppate storicamente numerose “regole” e meccanismi empirici per lo studio degli archi, ed in particolare, si ricordano[2]:

  • Regola di Leonardo da Vinci: “l’arco non si romperà se la corda dell’archi di fori non toccherà l’arco di dentro”A

– Regola geometrica di Leonardo da Vinci, da (Del Punta A.A. 2012-2013), p. 115

  • Regola di Padre Deran: consiste nel suddividere l’intradosso dell’arco fino ai piedritti con 3 corde di uguale lunghezza, e su tale costruzione geometrica stimare lo spessore del piedrittoB

– Regola geometrica di Padre Deran, da (Boscotrecase L. 2006), p. 239

Tali regole benché prive di qualunque fondamento scientifico, risultano conservative per la resistenza degli archi. Inoltre, probabilmente erano i metodi più conosciuti al tempo di costruzione dell’acquedotto (perlomeno, quella di Leonardo da Vinci per ovvi motivi cronologici, mentre la regola di Padre Deran a quanto risulta dal Dictionnaire raisonné de l’Architecture di Viollet-Le-Duc era di comune uso in tutto il XVI secolo, facendola risalire ai costruttori gotici[3]), quindi possono illustrare i criteri guida nella costruzione dell’acquedotto.

I meccanismi di collasso sono stati studiati in maniera più scientifica solamente dal XVIII secolo in poi, di cui si ricordano soprattutto:

  • Rottura per scivolamento (De La Hire e De Belidor): in tale meccanismo la calotta superiore scivola, determinando un collasso con 3 corpi rigidi (individuati a 45° dal centro dell’arco) con rotazione dei piedritti:CD

– Rottura dell’arco per scivolamento, da (Boscotrecase L. 2006), pp. 239-240

  • Rottura per flessione (Mascheroni): tale meccanismo è forse il più comune nella rottura per archi, e comporta la formazione di tre cerniere con fessurazioni alternate fra intradosso ed estradosso e quindi un meccanismo a 4 corpi rigidi, individuati dalla chiave dell’arco e dalle reni a 30° rispetto al centro dell’arco:

EF

– Rottura per flessione dell’arco, da (Boscotrecase L. 2006), pp. 240-241

In teoria, il meccanismo di collasso più frequente viste le assunzioni, dovrebbe essere la rottura per scivolamento, ma tale ipotesi è affetta dall’ipotesi di attrito nullo: ciò ovviamente non risulta vero, pertanto nel meccanismo di De La Hire vi è una forza “raddrizzante” di F, che fa sì che il meccanismo di rottura più comune sia proprio quello di Mascheroni[4].

Il problema dell’arco si è considerato risolto dopo gli studi di Navier e Méry: in particolare, si tratta di rendere l’arco isostatico imponendo delle cerniere plastiche nelle zone maggiormente sollecitate a flessione (quindi, secondo il modello di Mascheroni, in chiave e alle reni dell’arco); una volta effettuato, si prende in considerazione solo la parte fra le reni dell’arco, e per un discorso di simmetria si studia solamente metà di questo arco. A questo punto si suddivide la parte in oggetto in 6-10 conci e si procede in questo modo:

  • Calcolo per ogni concio la risultante verticale, derivante dal peso proprio del concio e i carichi verticali sovrastanti
  • Si costruisce il poligono funicolare e si calcola la risultante R e la sua retta d’applicazione
  • Si impone una situazione ideale dove la risultante H in chiave passi per il terzo medio superiore e la risultante S passi per il terzo medio inferiore alle reni.
  • Si impone che le rette d’azione di H ed S si intersechino in un punto O, appartenente alla retta d’azione di R
  • Dal poligono funicolare, conoscendo H ed S, si costruisce la curva delle pressioni
  • Si riporta la curva delle pressioni sull’arco in oggetto: se tale curva è sempre contenuta entro il terzo medio di tutti i conci, l’arco è stabile

Il metodo di Méry comunque, per quanto valido, presenta il limite di potersi applicare esclusivamente ad archi a tutto sesto; tuttavia, è il primo metodo (grafico) che consente di conoscere in ogni concio le tensioni effettive, ed eventualmente applicare la teoria dei solidi non reagenti a trazione per il calcolo a rottura del singolo concio.

méry

– Il metodo di Méry

Recentemente (1982[5]), è stato proposto dal prof. Jacques Heyman un ulteriore criterio grafico di stabilità degli archi, che non è soggetto alle limitazioni di Méry e che sfrutta la plasticità; infatti si considera che la stabilità di un arco sia sempre compresa fra questi due schemi limite[6]:

G

– Schemi limite di collasso di un arco con la curva delle pressioni, da (Heyman, The Stone Skeleton 1995), p. 17.

Tale criterio si può enunciare in tale maniera: “Se esiste una linea delle pressioni per l’arco completo che sia in equilibrio con i carichi applicati, incluso il peso proprio, e che risulti ovunque interna allo spessore dell’arco in ogni punto e in corrispondenza di ogni sezione, allora l’arco può considerarsi in condizioni di sicurezza”. Come si può vedere, la somiglianza con il criterio di Leonardo da Vinci, perlomeno da un punto di vista intuitivo, è notevole ed indice del genio fiorentino, che sprovvisto della cultura scientifica moderna enunciò un principio quanto più simile possibile a quello di Heyman per l’epoca in cui visse.

A fronte di ciò, giova anche ragionare su come è possibile modificare la curva delle pressioni e quindi la resistenza di un arco: in generale infatti non è possibile modificare eccessivamente la geometria degli archi esistenti, pertanto sempre in generale l’intervento più facile su un arco esistente consiste nel risanamento della muratura e della sezione originale dell’arco, anche con addizioni, al fine di aumentare la sezione dell’arco. Altri interventi possibili (cioè che non comportano delle perturbazioni estreme dell’esistente) sono la modifica dei carichi agenti sull’arco: diminuendo o aumentando i carichi infatti la curva delle pressioni cambia la sua posizione, a favore o a sfavore a seconda della calibrazione dei carichi. Possono anche essere introdotti dei “carichi ricentranti”, cioè con funzione di dare alla curva delle pressioni un percorso più favorevole: è di tale tipologia l’intervento dell’arco armato[7], cioè l’inserimento di cavi posti in trazione, opportunamente ancorati all’arco o all’estradosso (anche in semplice appoggio) o all’intradosso (in questo caso l’uso di tasselli post-inseriti diventa essenziale), e questi possono scaricare o alla base dell’arco o alla base dei piedritti. Tale intervento risulta particolarmente efficace per il meccanismo di rottura a flessione, nonché particolarmente adatto ad eventuali interventi di ricentramento sull’acquedotto Mediceo, unitamente al ripristino della sezione muraria, mentre appare impossibile perseguire la strada della modifica dei carichi, in quanto costituiti attualmente quasi interamente dal peso proprio. Ancora, altri interventi più invasivi come quelli già effettuati in molte arcate nella parte vicina al monte, quali tamponature piene sarebbero (salvo casi di pericolo imminente) possibilmente da evitare se non supportate da adeguati studi, primo fra tutto quello del terreno e della fondazione, sia in relazione al carattere architettonico dell’opera (gli esempi esistenti hanno dato prova di un rispetto pressoché nullo di tale valore, ma piuttosto hanno messo in luce che la provvisoria messa in sicurezza può diventare definitiva) sia in relazione al fatto che tali interventi possono addirittura peggiorare la situazione, favorendo invece con la loro massa e la loro eventuale rotazione fuori piano un altro meccanismo di collasso degli archi proprio delle strutture come gli acquedotti su arcate, e cioè il collasso fuori piano a causa dei cedimenti. Inoltre, sempre relativamente ai cedimenti, è possibile che un peso maggiore su un’area di terreno di bassa resistenza può condizionare e favorire i cedimenti di un’area più vasta, comprendente anche dei piedritti. Un ultimo effetto negativo che si verifica in particolare nei tamponamenti degli archi pieni, è quello di aumentare l’area direttamente investita dal vento, favorendo anche qui il ribaltamento fuori piano; questo effetto si accentua notevolmente in caso di fuoripiombo pre-esistenti all’inserimento della tamponatura, determinando una sezione reagente al momento ribaltante veramente esigua[8]. In caso di sisma, la situazione diventa evidentemente ancora più pericolosa.

Segnalo inoltre che sul sito del prof. Gelfi è presente un programma (Arco.zip) che consente il calcolo della curva delle pressioni una volta definita la geometria ed i carichi gravanti sull’arco, opportunamente diviso in conci, con il metodo di Méry.

Per l’analisi degli altri meccanismi di collasso che possono caratterizzare l’acquedotto mediceo e le strutture ad esso assimilabili, si rimanda (oltre alla già citata Del Punta, A. A. 2012-2013) soprattutto a Croce P., Holicky M., et al. Operational methods for the assessment and management of aging infrastructures, Pisa: Tipografia Editrice Pisana, 2015 (liberamente scaricabile al link, afferente al Progetto Leonardo a livello europeo), dove vengono descritte in dettaglio nel Cap. 9 e nell’Annex F. le analisi effettuate sull’acquedotto. Degli estratti di tale capitolo sono stati pubblicati sulla rivista GALILEO (ISSN:1827-7764) edita dalla (non più esistente) Felici Editore, in un ciclo di tre articoli (2014-n° 3, 2015 n° 1 e 2) dove si vede che tale studio è frutto di una collaborazione fra Croce P., Beconcini M.L., Muzzi M. e Rosso E.

 

AGGIORNAMENTO: ho pubblicato integralmente il lavoro svolto sull’Acquedotto Mediceo di Asciano, da cui è tratto quanto sopra. Questo è il link.


Bibliografia essenziale:

[1] Cfr. Heyman, J. The Stone Skeleton. Cambridge: Cambridge University Press, 1995, p. 14. Dovranno poi esser verificate a posteriori (ad esempio, in caso di collasso per scivolamento, la terza ipotesi non è verificata).

[2] Cfr. Boscotrecase L., Piccarreta F. Edifici in muratura in zona sismica. Palermo: Dario Flaccovio, 2006, pp. 237-241, e Del Punta, A. «Indagine storico-costruttiva e tecniche di consolidamento dell’Acquedotto Mediceo di Pisa.» Tesi di Laurea. Università di Pisa: C.d.LS in Ingegneria Edile, A.A. 2012-2013,  pp. 115-117

[3] Cfr. (Boscotrecase L. 2006), p. 239.

[4] Cfr. (Boscotrecase L. 2006), p. 241

[5] Cfr. Heyman, J. The Masonry Arch. New York: John Wiley & Sons, 1982.

[6] Cfr. (Heyman, The Stone Skeleton 1995), p. 17.

[7] Cfr. Jurina, L. «L’arco armato nel consolidamento di archi e volte in muratura.» Recupero e Conservazione (n° 33), 2000: 54-61.

[8] Cfr. (Del Punta A.A. 2012-2013), pp. 134-135.